COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI” ROSSO ANTICO |
Collocazione: 6A-c1 | |
Campioni No.: 254, 271, 272 | |
Tipo di roccia: Metamorfica |
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Località di estrazione: Penisola di Máni, Grecia |
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Descrizione geologica: Marmo calcitico impuro a grana fine del periodo dal Cretaceo superiore all’Eocene. Il colore di fondo va dal rosso vivace al rosso cupo per la presenza di ematite. Talvolta presenta sottili venature nere o bande e macchie bianche di calcite. |
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Altri nomi: marmor Taenarium |
L’utilizzo sporadico di questo marmo estratto nei dintorni di Capo Tenaro iniziò dall’età egea nella Grecia continentale (2800-1100 a.C). I romani iniziarono a importarlo già dal II sec. a.C. a Cirene e un secolo dopo a Roma, usandolo per opus sectile, piccoli elementi architettonici, vasi e oggetti ornamentali. In età adrianea ebbe un esteso uso per la statuaria, soprattutto per soggetti dionisiaci legati al consumo di vino a cui il colore rosso del marmo si associava. Statue romane in rosso antico sono conservate ai Musei Capitolini e al Museo Nazionale Romano. La varietà di colore porpora di questa pietra era apprezzata quasi quanto il porfido imperiale. Nei secoli successivi alla caduta dell’impero romano, si riutilizzò intensamente il materiale proveniente dalle antiche rovine per adornare chiese e palazzi e per creare tessere di mosaico. Nel 1930 le antiche cave furono riscoperte da alcuni mercanti inglesi e il loro sfruttamento è continuato sporadicamente fino al XX secolo. Ad esempio, la cattedrale gotica di Westminster a Londra contiene un paravento e gradini scolpiti con materiale estratto nel sec. XIX. A Roma si trova il rosso antico nella basilica di S. Maria Maggiore, nelle chiese di S. Bibiana, S. Pietro in Vincoli, S. Prassede, nei palazzi Borghese, Colonna, Doria, Ludovisi, Rospigliosi e nei palazzi vaticani. Una varietà di marmo simile al rosso antico si estrae a Kıyı Kışlacık, Turchia, dalle antiche cave di cipollino rosso. |
Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 61, 62, Borghini (1989) p. 288, Lazzarini (2006) p. 92, Price (2007) pp. 122-123, Pullen (2015) pp. 100-101 |