Cipollino verde

COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI”

CIPOLLINO VERDE

Collocazione: 6A-c1
Campioni No.: 256, 257, 258, 260, 266, 268, 270

Tipo di roccia: Metamorfica

Località di estrazione: Tra Styra e Karystos, Eubea, Grecia

Descrizione geologica: Marmo impuro a clorite, depositato come calcare nel Permiano e metamorfosato dal tardo Cretaceo. Fondo verde chiaro o grigio, con vene ondulate o piano-parallele di verde scuro tendente al grigio-bluastro.

Altri nomi: marmor Carystium, marmor Styrium
Questo marmo fu estratto già dagli antichi greci, ma lo sfruttamento su vasta scala iniziò dal II sec. a.C. con i romani, i quali aprirono diverse cave lungo la costa tra i villaggi di Styra e Karystos, nella parte meridionale dell’isola di Eubea. I grandi blocchi di marmo erano caricati sulle navi e trasportati in tutto l’impero, raggiungendo la massima diffusione in età adrianea e antonina, con le cave divenute di proprietà imperiale. Il materiale era utilizzato per colonne anche di dimensioni monumentali (come quelle del tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano), lastre parietali, pavimenti, vasche e più raramente per sculture. I disegni della pietra ricordarono ai primi cristiani il legno della Santa Croce e la resero popolare anche in età bizantina, durante la quale l’estrazione continuò per cessare solo nel VII secolo. L’enorme quantità di materiale importato a Roma fu largamente riutilizzato nelle epoche successive dai marmorari romani, che gli diedero il nome di cipollino per le striature che ricordano quelle di una cipolla. A Roma si trova in S. Pietro e in moltissime chiese barocche e palazzi, ma anche la colonna dell’Immacolata Concezione a Piazza di Spagna è in cipollino verde. Le antiche cave furono riaperte nel 1881 dagli inglesi e il materiale esportato in tutto il mondo per edifici moderni, come la Cattedrale di Westminster e la Loos Haus di Vienna. Il marmo è oggi commercializzato come verde Styra.
Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 90, Borghini (1989) pp. 202, 203, Lazzarini (2006) p. 93, Price (2007) pp. 174-175, Pullen (2015) pp. 101, 102