Breccia traccagnina

COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI”

BRECCIA TRACCAGNINA

Collocazione: 6A-a1, b1,c1, 6B-a1
Dimensioni: 50x70
Campioni No.: 76, 89, 117, 118, 119, 120, 219, 378, 381

Tipo di roccia: Sedimentaria

Località di estrazione: Varie e sconosciute

Descrizione geologica:Brecce e conglomerati calcarei poligenici, con clasti di dimensioni centimetriche più o meno arrotondati e multicolori

Altri nomi: breccia policroma, breccia arlecchino, breccia capitolina

Gli antichi romani utilizzarono per decorare gli edifici pubblici e privati un gran numero di brecce caratterizzate dalla grande varietà dei clasti multicolori. Molte di queste brecce provenivano probabilmente da piccole cave situate in località sparse nell’impero a tutt’oggi per lo più ignote e non raggiungevano i volumi di traffico di altre pietre di maggior pregio come la breccia corallina o il verde antico. Tuttavia, la loro significativa presenza tra i materiali riciclati dagli scalpellini per decorare un gran numero di chiese e palazzi di età barocca testimonia l’estensione del loro uso negli edifici romani per la costruzione di colonne, pilastri, pavimenti e lastre di rivestimento. Il nome volgare breccia traccagnina utilizzato dagli scalpellini romani per indicare tutte queste pietre è ripreso da Faustino Corsi nel suo trattato sui marmi antichi, ma le stesse pietre sono anche note come brecce policrome a cui è spesso associato il nome di una chiesa dove la breccia è presente, come la breccia policroma dei Caetani (No. 117), la breccia policroma di S. Bernardo, la breccia policroma di S. Benone, ecc. Alcune brecce con caratteristiche più definite o con colori maggiormente identificativi, come le brecce pavonazze, sono spesso trattate singolarmente dagli autori di saggi sui marmi antichi, pur avendo spesso anch’esse origine sconosciuta e lo stesso tipo di utilizzo.

Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 396, 397, 481, 693, 946, Borghini (1989) pp. 182-187, Price (2007) p. 148, Pullen (2015) pp. 130-132