COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI” BRECCIA DI SERAVEZZA |
Collocazione: 6A-b1, c1, 6B-a1, b1 | |
Campioni No.: 100, 101, 110, 253, 342, 379, 437 | |
Tipo di roccia: Sedimentaria |
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Località di estrazione: Alpi Apuane, Toscana, Italia |
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Descrizione geologica: Breccia calcitico-dolomitica contenente clasti marmorei di colore bianco, grigio, rosso, giallo e verde. La matrice ricca di ossidi di ferro o di clorite presenta colore assai variabile, che va dal viola scuro, al rosso, al giallo e al verde screziato. |
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Altri nomi: mischio di Seravezza, breccia medicea, breccia violetta, breccia arlecchino |
Con il nome di breccia di Seravezza si suole indicare in realtà una serie di brecce marmoree con aspetto e colori alquanto diversi, estratte tra le località di Seravezza e Stazzema nel distretto delle Alpi Apuane. Sia i clasti di marmo, che la matrice che li contiene infatti presentano colori molto diversi spesso nella stessa lastra. Anche la bella breccia nota come fior di pesco apuano è estratta nella stessa zona ed è talvolta inclusa tra le brecce di Seravezza. Gli antichi romani ne fecero un uso limitato in sostituzione della breccia di Sciro, importata dalla Grecia e con caratteristiche simili. Fu solo dal XVI sec. che Cosimo de’ Medici promosse l’estrazione intensiva di questo materiale per costruire le chiese e i monumenti di Firenze, da cui il nome di breccia medicea; sebbene a questo nome siano state nel tempo associate anche altre brecce, la maggior parte del materiale è quello estratto dalle cave sulle Alpi Apuane. Da queste brecce si ricavarono colonne, balaustre, pannelli, pavimenti e caminetti in Toscana e in seguito nel resto d’Italia. A Roma la breccia di Seravezza è visibile nelle chiese di S. Lucia in Gonfalone, S. Maria Liberatrice, S. Prassede, S. Prudenziana, del Gesù, S. Ambrogio, S. Maria della Vittoria, S. Martina e nei palazzi Doria, Borghese e Torlonia. Le cave ebbero la loro massima attività nel XIX secolo, quando il materiale era esportato in tutto il mondo, ma oggi la loro produttività è molto ridotta. |
Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 432, 477, 479, 954, 955, 975, Borghini (1989) p. 194, Lazzarini (2004) p. 98, Price (2007) p. 131, Pullen (2015) p. 124 |