Breccia corallina

COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI”

BRECCIA CORALLINA

Collocazione: 6A-a1, 6B-a1, b1
Dimensioni: 50x70
Campioni No.: 71, 74, 77, 78, 79, 86, 88, 338, 440

Tipo di roccia: Sedimentaria

Località di estrazione: Verzirhan, Bilecik, Turchia

Descrizione geologica: Breccia di versante monogenica, con clasti calcarei fratturati eterometrici risalenti al Cretaceo, bianchi, rosa, grigi e giallastri, in cemento da rosso, a marrone, a giallo-arancio

Altri nomi: marmor Sagarium

La breccia corallina è stata importata dall’antico regno di Bitinia come pietra ornamentale dai romani dal I sec. d.C. ed è stata ampiamente utilizzata in tutte le città dell’impero per la costruzione di colonne, pilastri, pavimenti e altri elementi architettonici. Il riutilizzo del materiale estratto in epoca romana per l’arredo di nuovi edifici è documentato fino al XVII secolo. In realtà con il termine breccia corallina gli scalpellini romani hanno chiamato un gran numero di materiali con clasti ben definiti di colori diversi, immersi in una matrice di varia tonalità, sicuramente non tutti provenienti dalla località di estrazione indicata in Turchia. Una di queste è denominata breccia corallina giallastra e, malgrado il suo nome, non ha nessuna relazione con il litotipo turco e la sua origine rimane sconosciuta. Il litotipo originale presenta clasti bianchi e matrice rosso corallo, ma esistono diverse varietà provenienti dalla stessa formazione che hanno clasti che vanno dal giallo crema al grigio e la matrice da arancio a giallo oro. Anche il broccatellone, un’altra breccia con clasti gialli e cemento rosso violaceo è estratto nella stessa zona. La breccia corallina tipica si trova a Roma in una miriade di chiese e palazzi, tra cui S. Maria in Ara Coeli, S. Maria Sopra Minerva, S. Maria in Monserrato, S. Maria dell’Orto, Ss. Trinità dei Pellegrini, Palazzo Borgia, Palazzo Rospigliosi, Musei Vaticani, Palazzo di Montecitorio e Villa Torlonia.

Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 404, 944, Borghini (1989) pp. 166, 199, Price (2007) p. 111, Pullen (2015) pp. 125-128, Lazzarini (2004) p. 90