Africano

COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI”

AFRICANO

Collocazione 6A-c1, 6B-a1, b1
Campioni No.: 221, 222, 223, 224, 226, 227, 230, 231, 232, 233, 234, 235, 382, 383, 403, 404, 417, 445

Tipo di roccia: Metamorfica

Località di estrazione: Teos, Izmir, Turchia

Descrizione geologica: Breccia tettonica poco metamorfosata del Cretaceo, con clasti calcarei eterometrici dalle caratteristiche sfumature da rosa a rosso sangue. La matrice va dal nero, al grigioverde, al bruno. Matrice e clasti possono contenere frammenti fossili di crinoidi e bivalvi.

Altri nomi: marmor Lucullaeum, marmo africano, marmo mischio
Il console Lucio Licinio Lucullo importò per primo questa pietra nel I sec. a.C. a Roma, dove i suoi colori accentuati lo resero presto tra i marmi colorati di maggior successo e più utilizzati per l’edilizia, con massima espansione tra il I e II sec. d.C. Il materiale arrivava in città via nave in grandi blocchi e veniva poi tagliato per farne colonne, lastre, soglie ed elementi ornamentali, utilizzati soprattutto nei palazzi cittadini, nelle ville di Lazio e Campania e in Nord Africa. Come per altri materiali pregiati, le cave di questa pietra divennero di proprietà dell’imperatore e il suo prezzo era alto, come testimonia l’editto di Diocleziano del 301 d.C., che ne fissava il prezzo a 150 denari per piede cubo. Oltre al litotipo con fondo nero, si distinguono almeno due varietà, la prima con fondo verde chiamata verde africanato (No. 382, 383, 417) e l’altra con fondo grigio chiamata bigio africanato (No. 230), spesso considerata un tipo di bigio antico. La pietra con i colori migliori si esaurì probabilmente già in età flavia (I sec. d.C.), per cui i romani stessi riutilizzarono del materiale già usato in precedenza, come testimoniano alcune colonne rimaneggiate di Ostia Antica. La localizzazione delle cave presso l’antica cittadina di Teos andò perduta alla fine dell’impero romano e gli studiosi ottocenteschi attribuirono la provenienza di questa pietra al Nord Africa o all’isola greca di Chios, dove si estrae il marmo portasanta. Il nome africano dato a questo materiale dagli scalpellini romani potrebbe derivare dalla presunta origine nord-africana o dal colore di fondo nero della pietra. Le cave originarie furono individuate nel 1966 da una spedizione archeologica attorno e sotto il laghetto di Karagöl a 35 km a SO di Smirne (Izmir). L’africano estratto dai romani fu riutilizzato estensivamente nelle epoche successive, con le stesse finalità originali. L’africano si trova in tutte le principali chiese barocche e nei palazzi nobiliari della città di Roma, sotto forma di colonne, lastre, mattonelle e urne. Diverse fontane della città sono fatte di questo materiale, così come le due grandi colonne che sono ai lati del portale principale della basilica di S. Pietro. È comune anche negli intarsi dei mobili d’epoca.
Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 101, 102, 104, 106, 108, 112-116, 913-915, Borghini (1989) pp. 133-135 , Lazzarini (2006) p. 88, Price (2007) pp. 136-137, Lazzarini (2012), Pullen (2015) pp. 134-136