Porfido imperiale

COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI”

PORFIDO IMPERIALE

Collocazione: 6B-a1
Campioni No.: 293, 294, 375

Tipo di roccia: Magmatica

Località di estrazione: Gebel Dokhan, Deserto Orientale, Egitto

Descrizione geologica: Dacite-andesite porfiritica del Precambriano. La massa di fondo è colorata da ematite e da piemontite, i cristalli bianchi e rosa sono feldspato plagioclasico, mentre quelli neri sono biotite o orneblenda.

Altri nomi: lapis porphyrites, leucostictos, lythos romaion, porfido rosso antico, porfido nero, porfido verde egiziano
L’utilizzo per la statuaria di questa pietra durissima risale alla dinastia dei Tolomei, che regnò in Egitto dal 305 a.C. al 30 d.C. Con la conquista dell’Egitto nel 31 d.C., i romani si appropriarono delle cave nel deserto, che divennero in seguito di proprietà imperiale, difese da un fortino e collegate con un’importante rete viaria al Nilo. Le cave del cosiddetto Mons Porphyrites furono sfruttate intensamente fino all’epoca bizantina per ricavarne grandi blocchi, con cui produrre colonne, pavimenti, pareti, statue, vasche, sepolcri e urne. Il colore porpora di gran parte della pietra era altamente apprezzato e riservato all’uso dell’imperatore e della sua famiglia. Di conseguenza, il suo costo era molto elevato. Dal IV secolo d.C. veniva eseguita l’adorazione del sovrano, la proskynesis, sopra a un disco di porfido rosso. Anche i sarcofagi di Elena e Costantina, rispettivamente madre e figlia dell’imperatore Costantino I, furono realizzati proprio in questo marmo. Il giacimento forniva anche porfido di minor pregio con fondo di colore nero (No. 375), verde scuro e rosso mattone. Durante il medioevo, il fascino del porfido rosso presso le corti di re e imperatori europei rimase intatto, come testimoniano sarcofagi e monumenti dell’epoca. In seguito il porfido imperiale nei suoi vari colori fu riciclato per colonne, vasche, sculture, pannelli e per i pavimenti cosmateschi delle chiese romane e di altre città europee. I nomi assegnati allora dagli scalpellini romani alle diverse varietà si riferiscono al colore prevalente dei campioni di porfido. Esempi del suo riuso si trovano a Roma in molte basiliche e chiese, ai Musei Vaticani, Capitolini e delle Terme, nei Palazzi Borghese, dei Conservatori, a Villa Albani e al Pantheon.
Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 783, 788, Borghini (1989) pp. 272-274, Lazzarini (2006) p. 83, Price (2007) pp. 202-203, Pullen (2015) pp. 159-161