Giallo antico

COLLEZIONE DI MARMI ANTICHI “LEONARDO DA VINCI”

GIALLO ANTICO

Collocazione: 6A-b1, 6B-a1
Campioni No.: 168, 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 364, 367, 370

Tipo di roccia: Sedimentaria

Località di estrazione: Chemtou, Jendouba, Tunisia

Descrizione geologica: Calcare a grana fine contenente limonite-ematite del Giurassico. Il colore varia dall’avorio, all’arancio scuro e al rosa. Spesso la tessitura è brecciata e il colore della matrice va da arancio a rosso. Possono essere presenti resti ricristallizati di fossili.

Altri nomi: marmor Numidicum, marmo carnagione

L’estrazione di questa pietra iniziò intorno al IV sec. a.C. ad opera delle popolazioni berbere della Numidia che popolavano il villaggio di Simitthu. La prima importazione a Roma di giallo antico avvenne nel II sec. a.C. e già nel I sec. d.C. era diventato un materiale di grande consumo e considerato di notevole pregio, tanto che l’imperatore dichiarò le cave di sua proprietà esclusiva. La pietra era trasportata via nave a Ostia e poi distribuita in gran parte delle città dell’impero romano, dove si usava per costruire grandi colonne, capitelli, lesene, lastre e sculture. Ad esempio, le colonne dell’Arco di Costantino a Roma sono in giallo antico. Nell’editto di Diocleziano del 301 d.C. era valutato 200 denari al piede cubo, un prezzo molto alto. La proprietà di cambiare colore di questa pietra se sopposta all’azione del fuoco, accentuando le tonalità, fu spesso sfruttata dai marmorari romani per ottenere le volute sfumature nell’opus sectile. Il materiale estratto dai romani fu largamente riutilizzato nelle epoche successive. Colonne di giallo antico si trovano a Roma nel Pantheon, nella Basilica di S. Giovanni, a S. Maria degli Angeli e ai Musei Capitolini; stipiti, lastre, urne e vasche si trovano in moltissime basiliche e chiese barocche e nei palazzi Madama, Altemps, Albani e Borghese e al Quirinale. Le antiche cave furono riaperte a fine 1800, estraendo  sporadicamente materiale per costruzioni moderne come la National Gallery di Londra.

Riferimenti: Collezione Corsi (Oxford) No. 22-25, 29, 32, 40, Borghini (1989) pp. 214-215, Lazzarini (2006) pp. 85, Price (2007) pp. 90-91, Pullen (2015) pp. 96-98